Coccolare è una delle parole della lingua italiana dal suono più dolce e lo è ancora di più l’azione che simboleggia: “accarezzare con l’anima”.
Una coccola è più di un abbraccio che sancisce un bel momento, designa complicità, un incontro emotivo, qualcosa che va oltre il mero contatto affettuoso.
A te che magari sei una persona super coccolosa, potrà sembrare strano, ma non tutt* sono amanti del contatto fisico, non per questo, secondo me, non meritano di essere coccolat* o di coccolare.
Ogni persona possiede un linguaggio dell’affetto diverso (anche più di uno), io ad esempio sono sia una donna che esprime i propri sentimenti attraverso il contatto fisico, che attraverso le parole.
Davvero non credi che delle coccole fatte di parole possano appagare come quelle basate sul contatto?
Forse alla fine di questo articolo avrai cambiato almeno un po’ idea, o perlomeno avrai imparato una modalità tutta nuova di coccolare.
Nella vita possiamo sedurre tramite le parole, perché non anche coccolare?
È stato scritto molto sui sentimenti, ma, in fin dei conti, ogni persona deve pensare a validare i propri.
Siamo esseri emotivi che pensano tramite il linguaggio delle emozioni e, per questo, sappiamo che sia abbracciare, sia mostrare agli altri il nostro affetto tramite le parole è uno dei migliori regali che possiamo fare.
In alcune delle relazioni affettive che intesso, di tanto in tanto riesco realmente a sentirmi accarezzare l’anima con le parole.
In quei momenti provo una vera e propria unione delle mie emozioni con quelle della persona con cui sto interagendo.
Ho iniziato a sperimentare quello che io chiamo “coccolare con le parole” nell’ultimo anno, in cui ho visto diventare sempre più forti alcune delle mie relazioni a distanza.
Con la distanza di mezzo è difficile riuscire a volte a far sentire il nostro affetto senza potersi realmente toccare, sfiorare, accarezzare, abbracciare.
Ma, ultimamente, dopo aver partecipato a Reggio Emilia al secondo incontro del meraviglioso workshop di Anna Bernardi sul piacere dell’intimità, ho avuto come un’epifania.
Perché non utilizzare questo “coccolare con le parole” anche nelle mie relazioni non a distanza?
Perché all’inizio di una storia le coccole a parole sono molto presenti e poi vanno via via scemando?
Non mi va che questo accada, non a me, non all’interno delle mie relazioni.
Ho deciso che avrei fatto di tutto per mantenere viva e accesa questa forma così unica di coccola.
Ora ti racconto…
Ma prima, mi piace sempre dare un’occhiata veloce al dizionario.
Al dizionario Tei? Si, proprio così.
Trovo che l’etimologia delle parole sia importante e possa dirci tanto sul loro significato più profondo. Trovo che “le parole siano importanti”.
CÒCCOLA¹
coccola1 còccola1 s. f. [dim. del lat. coccum «chicco, grano», dal gr. κόκκος].
CÒCCOLA²
coccola2 còccola2 s. f. [der. di coccolare], fam. – Carezza, gesto di tenerezza, di affettuosità; spec. al plur.: fare le coccole a qualcuno.
All’interno delle mie relazioni a distanza, il fatto di coccolare con le parole mi è sempre venuto piuttosto facile.
Io con le parole ci lavoro, ci gioco, sono il mio pane e cruccio quotidiano e, inoltre, come dicevo sopra, per rimanere emotivamente connessa con altre persone a distanza non mi rimane granché di altro.
Nella quotidianità tendiamo a dedicare poco spazio a questo aspetto dando la colpa alla routine che appiattisce i nostri slanci o, semplicemente, al fatto che quella persona in fondo la vediamo sempre e ci parliamo sempre.
Si, tutto questo è vero, ma come le parli?
Rosenberg scriveva “le parole possono essere finestre oppure muri”.
Se ti va di approfondire il tema della comunicazione non violenta, ti consiglio di (ri)leggere questo mio vecchio articolo.
Sai che in coppia, a lungo andare, spesso le parole si usano più per ferire che per amare o coccolare?
Si Tei, purtroppo è proprio così, ma come si fa a coccolare con le parole? Perché non mi è ancora chiarissimo…
Ora te lo spiego, promesso.
Al workshop di Anna Bernardi c’è stata un’attività durante la quale ci si doveva fermare davanti ad una persona a caso del gruppo e dirle senza pensarci sù: una cosa bella di te è…
Ricevere una frase del genere da un* perfett* sconosciut* è sia bello che spiazzante, ma in qualche modo ti fa sentire vist* e coccolat*.
E amare una persona, in fondo, non significa anche farla sentire “vista”?
Si, è verissimo Tei, ma non è stato imbarazzante ricevere un complimento da una persona che non avevi mai visto prima?
Ti stupirai di questa cosa, o forse per niente, effettivamente una buona parte delle persone fa più fatica a ricevere un complimento, piuttosto che farlo.
Anche per uscire da questo eventuale disagio, Anna aveva studiato una “formula” di risposta uguale per tutt* che suonava circa così: Beato colui che sa ricevere.
E’ una risposta che in qualche modo non dice nulla pur dicendo tanto.
Non dice di noi se abbiamo saputo ricevere o meno, ma racconta quanto sia bello saperlo fare.
Non è un grazie, è qualcosa di più profondo che secondo me, in ogni caso, toglie chi riceve dall’imbarazzo di non sapere esattamente cosa dire.
Per quanto alcune persone siano in netta difficoltà quando si tratta di ricevere belle parole affettuose, le parole ci provano lo stesso ad arrivare e, in qualche modo, scavano un piccolo solco di luce nella corazza che ognun* di noi ha.
Una delle persone che si è avvicinata a me, una donna, guardandomi dritta negli occhi mi ha detto: una cosa bella di te è l’intensità che trasmetti anche da lontano.
Tornata a casa dal workshop, nella mia quotidianità, nella convivenza con Jean, il padre di mio figlio, ho sentito forte l’esigenza di contaminare la mia routine con qualcosa che avevo acquisito nel weekend.
Sentivo di amare così tanto il mio partner da aver bisogno di trasmetterglielo con nuove e altre modalità, allora, una sera a cena ho proposto un “gioco”: per sette giorni a partire da quel momento, ogni giorno (in un orario a scelta per ognuno di noi), ci saremmo detti una cosa che l’altro aveva di bello.
La meraviglia di questo gioco è che ha innescato un meccanismo perverso in cui coccolare a parole è diventata la nostra priorità per tutta la settimana.
E’ stato come galleggiare entrambi sospesi su una soffice nuvola fatta di cura, osservazione, empatia, amore, attenzioni, presenza.
La prima coccola è iniziata quella sera stessa, in cui ci siamo ritrovati poi, dopo aver espresso la nostra frase, a chiacchierare seduti sul divano con gli occhi persi l’uno nell’altra.
Finita quella sessione mi sono sentita preziosa e amata e penso che per lui sia stato lo stesso.
Mi pervadeva la stessa sensazione che si prova dopo che un evento positivo e intimo specifico ci ha generato un picco di ossitocina.
Eppure, non avevamo nemmeno scopato.
Mmmm, o forse dopo si, non ricordo… ma questo non è importante in realtà.
Se senti che “coccolare con le parole” possa essere per te anche una sorta di preliminare al sesso, beh, perché no, usalo anche così.
Solo tu puoi scegliere cosa c’è dopo le coccole, prima o durante.
Forse, arrivat* a questo punto, se sei una persona un po’ scettica o cinica (almeno quanto me), stai pensando che però questo gioco lo trovi ridicolo e che le cose fatte a comando non ti piacciono e che ami la spontaneità, l’autenticità e bla, bla, bla.
Spoiler: l’unica cosa che l’essere umano fa spontaneamente è respirare.
Il resto sono abitudini che abbiamo appreso con il tempo e che ci illudiamo avvengano davvero spontaneamente.
Quindi, secondo la mia psicoterapeuta, il vero segreto per rendere qualcosa “spontaneo” è allenarsi a far si che lo sia.
Sembra un controsenso, lo so.
Ma vedrai che se ci provi poi mi darai ragione.
Per cui, questa settimana allenati a coccolare con le parole e poi vedrai che inizierà a venirti “spontaneo” e, soprattutto, non vorrai più smettere.
Puoi farlo in coppia, all’interno di una polecola, con una persona con cui hai un legame familiare, amicale o lavorativo.
Scegli tu, basta che cominci.