Anche questo articolo, così come “I 10 motivi per cui l’altra persona dovrebbe amarmi”, prende spunto da uno dei laboratori che si sono tenuti all’interno del Raduno sex positive 2022 ospitato a luglio nel mio giardino.
Marshall Rosenberg, psicologo statunitense, è stato il creatore della Comunicazione Non Violenta, un processo di comunicazione che aiuta le persone nella risoluzione dei conflitti in modo pacifico.
Allievo diretto dello psicologo umanista Carl Rogers, Rosemberg mise a punto un processo, che consiste nel concentrare l’attenzione su ciò che è vivo in noi e negli altri. Rosenberg ha dato vita a numerosi programmi di pace anche in paesi lacerati da conflitti.
La CNV è un’arte di vivere. Si mette al servizio di ciò che è vivo in ognuno di noi, offrendoci non solo la possibilità di ricontattare un dinamismo di vita che ci è naturale, ma di realizzarlo quotidianamente, di comunicarlo e di riconoscerlo negli altri. Focalizza l’attenzione sulle azioni che arricchiscono la nostra vita insieme a quella delle altre persone.
La CNV (Comunicazione Non Violenta) ci aiuta a diventare consapevoli che ogni giudizio moralistico è l’espressione indiretta di un bisogno.
Ci aiuta ad esprimere semplicemente e onestamente i nostri bisogni senza criticare o insultare gli altri; ci propone inoltre di intendere semplicemente i bisogni degli altri, anche quando sono espressi in un modo che può essere percepito come una critica, un giudizio o un attacco nei nostri confronti.
La Comunicazione Non Violenta è un modo di stabilire un collegamento empatico con se stess* e con gli altri.
Questo tipo di comunicazione offre un modello preciso che si sviluppa in 4 punti chiave “OSBR”:
Osservazione: descrivere in modo oggettivo, senza valutazioni, i fatti a cui ci riferiamo o a cui stiamo reagendo.
Sentimenti: davanti a quei fatti ci invita poi a riconoscere i nostri sentimenti, ciò che proviamo nel nostro corpo e nel nostro cuore in riferimento a quanto osservato.
Bisogni: ci invita ad esprimere i bisogni soddisfatti o insoddisfatti che hanno causato i nostri sentimenti.
Richiesta: ci stimola poi a chiarire formulando una richiesta concreta, positiva, nel presente, che descriva le azioni che in quel momento scegliamo di intraprendere per soddisfare i bisogni umani presenti in noi in quel momento, in quel contesto, con quella persona.
Ti è mai capitato di ritrovarti in una discussione tra due persone (partner, amici, colleghi, genitore figlio) che alla fine non andava da nessuna parte perché le persone coinvolte non facevano altro che giudicare l’altro, lamentarsi con se stessi di un qualcosa che gli generava frustrazione senza poi arrivare alla fase della “richiesta”?
A cosa servono le discussioni sterili se non a generare altre incomprensioni e conflitti, e accumulare ulteriore rancore e frustrazione?
Ora ti farò un esempio pratico (tratto dalla mia vita quotidiana di persona che è anche madre e compagna) di concetto espresso senza l’utilizzo della Cnv e con l’utilizzo della Cnv:
SITUAZIONE – sono stressata perché lavoro in Smart Working e ho mio figlio a casa da scuola e non riesco ad avere tempo per me e per il mio lavoro, mentre il mio partner è in ufficio quasi tutto il giorno.
Senza l’utilizzo della Cnv molto probabilmente quando il mio partner tornerà a casa inizierò a buttare addosso a lui tutte le mie frustrazioni della giornata senza nemmeno aver provato ad esaminarle, osservarle e filtrarle io stessa.
Pretendo che l’altro forse metta ordine per me. La conversazione si riduce ad uno sfogo carico di rabbia ed emotività che non porta a nulla se non, nella migliore delle ipotesi, ad un abbassamento dello stress e della tensione (perché forse ci bastava parlarne) e, nella peggiore delle ipotesi ad un allontanamento del partner che si sentirà impotente, aggredito, accusato e in qualche modo colpevole della nostra infelicità e frustrazione senza sapere esattamente perché.
Con l’utilizzo della Cnv per prima cosa si parte dall’osservazione approfondita della situazione senza porre giudizi ne sull’esterno, ne su noi stessi. Poi si passa all’analisi del nostro stato d’animo e dei nostri sentimenti.
Fermandoci ad analizzare i nostri sentimenti di solito si arriva a capire o ipotizzare quale potrebbe essere il nostro bisogno.
Alla fine si è pronti per formulare all’altro una richiesta concreta, positiva e attuabile.
Osservazione – mio figlio è sempre con me dalla mattina alla sera ed oggettivamente non ho tempo libero anche solo per bermi un caffè in relax o farmi una doccia come si deve.
Sentimenti – mi rendo conto di essere estremamente nervosa e di sfogare la mia frustrazione usando un tono aggressivo con mio figlio. Non sento accolti i miei bisogni, ma comunque non li esprimo quindi perché gli altri dovrebbero indovinare cosa mi serve e di cosa necessito? Mi sento stanca, arrabbiata, non compresa, sfruttata, sento che il mio valore non viene realmente riconosciuto e ho bisogno che venga fatto.
Come posso aspettarmi che l’altra persona capisca tutto ciò attraverso i miei urli e le mie lamentele?
Non posso pretenderlo.
E se iniziassimo tutt*, dopo aver individuato e capito i nostri bisogni, a fare richieste? Esattamente come nel sesso, all’interno delle relazioni (di qualsiasi natura) una comunicazione chiara, empatica, diretta e non violenta, può davvero aiutarci a stare meglio e ottenere ciò che vogliamo.
Sembra brutto dover chiedere ad esempio al partner, ad un genitore, ad un amico “ho bisogno che tu mi faccia un complimento per il lavoro che ho appena svolto, che tu riconosca il mio valore e me ne parli, ho bisogno che per prima cosa quando entri in casa mi abbracci e mi chiedi come sto”; eppure a volte è esattamente questo ciò che ci serve.
Chiedere, in questo caso, non è mai sbagliato.
Probabilmente una frase che useremmo in questa situazione, d’istinto potrebbe somigliare a questa:
“Da quando nostro figlio è a casa da scuola è tutto sulle mie spalle. Mentre tu te ne stai comodo in ufficio con i tuoi colleghi io sono qua che lavo, stiro, bado a lui e cerco anche di lavorare da casa con mille interruzioni. Ti rendi conto della fatica che faccio? Io non credo, perché tu la fatica non sai nemmeno cosa sia. Dovresti provare!!… Domani esco per conto mio e ti lascio qui con lui dalla mattina alla sera, voglio proprio vedere come te la cavi e se arrivi vivo all’ora di cena!!”
(Come puoi vedere, nella conversazione, probabilmente fatta anche con un tono aggressivo, non c’è reale scambio. E’ univoca perché non risolve un conflitto, ma è impostata per bloccare la comunicazione. Uno sfogo sterile. La frase è ricca solo di giudizio e accuse. Dov’è la richiesta? Quali bisogni esprimo? C’è solo una disperata, soffocata e nascosta necessità di tempo per me, ma senza la vera richiesta, ed è tutto spostato sulla colpa potenziale che avrebbe il partner per il fatto che lavora fuori casa.)
La frase corretta e positiva con la Comunicazione Non Violenta potrebbe essere strutturata invece più o meno così:
“Da quando nostro figlio è a casa da scuola sto facendo molta più fatica ad occuparmi di tutte le cose che facevo prima, e non riuscendo a trovare del tempo per me, mi sento molto stanca e frustrata e questa cosa si ripercuote sul mio atteggiamento scostante verso di lui.
Ho bisogno che quando ci vediamo tu apprezzi e mi racconti a parole quanto valore dai all’impegno extra che sto mettendo in questo periodo e inoltre ho la necessità che il sabato mattina, quando non sei al lavoro, tu porti nostro figlio al parco così che io possa avere del tempo solo per me.”
Nella Comunicazione Non Violenta, ovviamente, è fondamentale che anche il tono della voce sia quello giusto e non sia carico di aggressività, rancore, rabbia, pessimismo.
All’inizio utilizzare questa forma di comunicazione non sarà spontaneo, ma richiederà un vero e proprio “allenamento”.
E se abbiamo abituato le persone attorno a noi ad un tipo di comunicazione da parte nostra molto differente, attraverseremo anche una fase iniziale di “assestamento”, ma a lungo andare i benefici dell’utilizzo della Cnv per risolvere i conflitti diventeranno reali e tangibili.
L’esercizio proposto al Raduno
Ora prova ad immaginare una situazione conflittuale, o a riviverne una passata, in cui non hai usato la Cnv e cerca di pensare a come è andata e a come sarebbe potuta andare.
Cosa avresti detto di diverso usando la Cnv? Quali erano i tuoi bisogni? E la tua richiesta, quale sarebbe potuta essere?
Nella Cnv bisogna sempre concentrarsi sul proprio sentire e non giudicare l’altro o le sue azioni.
Partire dall’osservare se stess* per poi arrivare ad esprimere chiaramente i propri bisogni all’altro, mettendolo in condizione di poterli accogliere facilmente e di comprendere cosa gli stiamo realmente comunicando.