SONO ANCHE SU PATREON

Ogni mese, attraverso PODCAST, RACCONTI EROTICI autobiografici, FOTO di nudo artistico, audio ASMR, ti accompagno in un viaggio nell’erotismo che ti permetterà di riconnetterti alle tue reali fantasie, per riaccendere il desiderio atrofizzato e viziato.

Ti faccio le domande giuste per aiutarti a risolvere le tue frustrazioni sessuali e relazionali, dando voce ai pensieri che non ti autorizzi a fare.

play party kinky

Perché frequento i Play Party Kinky

Ho iniziato ad esplorare il mondo dei Play Party Kinky/Bdsm per lavoro, ma ad un certo punto ho capito che li avrei frequentati in ogni caso…

Forse il lavoro, in realtà, è stato solo un pretesto per avvicinarmi ad un mondo che mi attirava già, oppure effettivamente è andata così, chi lo sa, non credo sia così importante dato che, seguendo la regola commutativa, invertendo l’ordine degli addendi il risultato non cambia: mi piace frequentare Play Party.

Di base non è stato certo difficile ammetterlo a me stessa e anche al mio partner, che non frequenta gli eventi con me per scelta e ad entrambi sta benissimo così.

Capire che amo i Party Kinky, il Bdsm e tanto altro, non è stato assolutamente difficile o sconvolgente per me, è stato naturale e semplice come scoprire che mi piace un nuovo gusto di gelato.

Una nuova possibilità, una nuova preferenza.

Una cosa che non so però è quanto questo mio essere e sentirmi kinky sia una semplice possibilità/preferenza o una vera e propria identità.

In ogni caso, al momento, non vivo questo non sapere come un’urgenza.

Ma con urgenza ho vissuto una domanda che è iniziata a ronzarmi in testa appena ho capito che i Play Party per me non erano solo lavoro, o forse non lo erano nemmeno mai stati, o ancora più probabilmente (in generale) il lavoro che mi sono inventata altro non è che una scusa per esplorare me stessa e le mie sessualità.

(Mica scema sta Tei…).

La domanda che in qualche modo un po’ mi tormentava era: Tei, perché frequenti i Play Party? Cosa davvero ti piace di quegli eventi, cosa cerchi?

La domanda me la ponevo io, ma forse ancor prima me l’ha posta giustamente il mio partner con cui convivo da 11 anni a questa parte.

Lui non ha una sessualità particolarmente vanilla, anzi, però non è mai stato attratto dalla dimensione collettiva ed esibizionistica dei Play Party, certe attività gli interessano solo nella sua sfera privata.

Abbiamo degli accordi (raggiunti dopo non pochi conflitti e fatiche), eccome se ne abbiamo, ma non starò qui a raccontarvi tutti i cazzi miei, perché già così ve ne racconto parecchi.

Si Tei, ma comunque a me sembra sempre tu ti faccia fin troppe domande…

Cazzo… io vivo di domande!!!

play party kinky

Non lo avevi davvero ancora capito? Io penso che senza interrogarmi sul senso della vita e su quello che faccio e perché, morirei sul divano guardando Netflix.

Rimarrei lì, immobile, lo sguardo vuoto e sullo schermo la scritta “Ciao Tei, stai ancora guardando?”.

Ecco, non voglio arrivare a quel punto.

Io la mia vita non la voglio solo guardare, sono una persona di parole si, ma anche di tanti fatti, di azioni concrete.

Crescendo ho domato in parte il mio lato estremamente impulsivo per tentare di essere più riflessiva e introspettiva e di conseguenza le domande sono esponenzialmente aumentate.

Aldilà dell’identificarsi in un tipo di sessualità piuttosto che un’altra, io credo sia lecito però chiedersi: perché mi piace fare quella cosa?

In questi ultimi mesi ho passato anche una fase di “crisi” nella quale mi dicevo che forse mi piacevano i Play Party solo perché ero semplicemente un po’ influenzata da nuove persone che erano entrate nella mia vita, alle quali certi ambienti piacevano.

Ma a me cosa piace? Cosa mi lascia dentro un Play Party? Perché ci vado?

Eh lo so… ti sto tenendo molto sulle spine facendoti credere che poi ti farò chissà quale rivelazione, ma ora ti prometto che tenterò di spiegarti cosa finalmente ho capito, qual è questa eccezionale illuminazione che ho avuto.

Rullo di tamburi…

Frequento i Play Party per la cura.

Cosa??! Ma che cazzo vuol dire Tei? La cura de che?

Ok, ora cerco di farti capire meglio.

Sin dal mio primo Play Party ho sentito qualcosa che mi risuonava dentro in senso positivo, mi sentivo accolta, percepivo che una parte di me che era sempre esistita ma aveva sofferto, era stata finalmente riconosciuta.

Eccolo lì, come un campanello da tempo sopito che finalmente tornava a suonare.

Ma cosa mi stava dicendo quel campanello arrugginito?

Sin dalla mia adolescenza mi sono sempre sentita in un mondo dove le persone scarseggiano in maniera imbarazzante di cura le une per le altre.

A meno che ci sia una relazione romantica (e anche lì poi è tutto da vedere…), le persone se ne fottono altamente le une delle altre.

Condividiamo intimità, sesso, baci, esperienze importanti, traguardi, ma se non c’è di mezzo un sentimento di tipo romantico la cura non è quasi mai prevista.

Sia mai che poi quest* mi si attacca come una cozza perché crede che voglio una relazione…

Uh, che fottuta paura dimostrare all’altr* che non siamo delle persone di merda e possiamo prenderci cura di lui/lei/* anche solo per un’ora in tutta la nostra vita e mai più.

Questa mancanza di cultura della cura, mi ha sempre fatta soffrire moltissimo e, attenzione, io non sono mai stata una persona in cerca di relazioni stabili.

La maggior parte della mia vita l’ho passata da single (forse perché ancora non sapevo si potesse essere non monogami per scelta).

Rinchiudermi in una relazione mi faceva sentire limitata, eppure anche rimanere single mi ha sempre fatta sentire allo stesso modo alla fine… probabilmente proprio per la mancanza di cura.

O ti infili in una relazione romantica Tei, o non hai diritto nemmeno ad un grammo di cura.

Mavaffanculo… non ci sto!

Per un tot di anni me la sono messa via cercando di sottostare a questo coppiacentrismo mieloso dove o sei dentro o sei fuori e se sei fuori sei meno valid*, ti meriti quasi zero e devi sempre comunque aspirare ad essere un giorno dentro: nell’olimpo di chi ha una relazione romantica.

Gli scenari costanti nella mia vita erano sempre due: 

-ricercavo e davo cura e l’altro si illudeva che io volessi una relazione, e poi rimaneva ferito quando capiva che non era così.

-ricercavo e davo cura e l’altro scappava impaurito per timore io volessi “di più”.

Certo che volevo di più cazzo! Volevo la decenza umana, la stima, il rispetto, il divertimento, la cura… volevo la cura.

Per un’ora, una notte, una settimana, un mese, dieci anni. Volevo la cura.

Si Tei, ma a questo punto davvero non capisco cosa c’entra questo discorso con il fatto di frequentare i Play Party.

Ora te lo spiego, giuro. Ci arrivo…

play party kinky

Ai Play Party succede di tutto, letteralmente di tutto.

Ovviamente con il consenso delle parti, il rispetto delle regole, della sicurezza ecc ecc.

Agli eventi Kinky succede anche che le persone si picchino, si schiaffeggino, si frustino, si facciano colare la cera bollente addosso proprio perché lo desiderano.

Il tutto avviene tra partner da una vita o tra persone che si sono appena conosciute, e sai cosa succede subito dopo?

Viene messa in atto quella bellissima cosa chiamata after care, con tutta la dolcezza possibile e immaginabile e disegnata totalmente sulle esigenze delle persone coinvolte.

Le cose vengono discusse, negoziate, decise.

C’è spazio per tantissima spontaneità, ma mai senza un dialogo approfondito basato su esigenze, richieste, preferenze, limiti.

Sapevi che dopo una sessione di Wax Play (gioco con la cera calda fatta colare sulla pelle nuda) potresti sentirti tremendamente stanc* e con la voglia di metterti al buio in posizione fetale in un angolo accogliente?

Sicuramente non sai di cosa hai bisogno finché le esperienze non le fai, ma è proprio andando avanti nella conoscenza di sé che si scoprono determinate cose e le si può poi comunicare agli altri.

Questo vale in ogni tipologia di sessualità.

Non importa se il tuo sesso è super vanilla, ti meriti e necessiti di tutta la cura che vuoi.

All’ultimo Kinksters, ad esempio, ho visto scene molto intense sia dal punto di vista dell’impatto fisico sui corpi che di quello emotivo, seguite poi da una cura che non trovi in nessun’altra situazione.

Io ai Play Party mi sento nel mondo che vorrei, vedo e osservo dinamiche che mi fanno stare bene, ma mi chiedo anche: perché siamo in grado di mettere cura solo arrivando all’estremo?

E’ così difficile portare questa cura in ogni tipo di situazione?

Di cosa abbiamo davvero paura? Di farci troppo del bene in un mondo che di male ne ha già abbastanza?

Dobbiamo per forza arrivare a darci schiaffi in pieno viso per riuscire a mettere della cura? Non mi sta bene, non mi basta.

Posso frequentare un Play Party anche solo osservando le persone intorno a me, riempiendomi gli occhi di tutta quella bellezza.

Partecipare a questi eventi mi fa sentire per giorni ricaricata, talmente piena di ossitocina che la sento persino uscire dagli occhi.

Mi scopro grata e privilegiata nel poter assistere al dono di intimità che mi fanno le persone intorno a me permettendomi di guardarle in momenti così ricchi di intensità.

Come ho già scritto nell’articolo sull’esibizionismo: godo e mi lascio cullare dall’elegante danza che nasce tra l’osservatore e l’osservat*.

Ecco, questo è il motivo principale per il quale frequento i Play Party.

E’ il mio motivo di oggi, forse quello di domani, magari tra un anno ne avrò un altro o i Play Party non li frequenterò più.

Tutto è possibile.

Un’unica certezza però la ho, continuerò a battermi e a fare di tutto per divulgare e portare avanti la cultura della cura il più possibile, in tutti i luoghi, in tutti i laghi, in tutti i tipi di relazioni e sessualità.

 

Perché io tutta quella cura me la merito, e tu anche.

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