Ancora oggi non abbiamo una chiara definizione del termine “emozione”, né sappiamo con precisione come funzionano: potremmo descriverle come stati mentali correlati a cambiamenti del corpo e della mente, a pensieri e risposte comportamentali, alla personalità e all’indole.
Il secondo workshop tenutosi a Brescia grazie a Elettra, soprannominata “Lupetta”, di ventiquattro anni, laureata in Psicologia, è volutamente ispirato al film di animazione Pixar “Inside Out”, spesso associato ad un comune film per bambini.
Elettra è un’appassionata di danza, improvvisazione teatrale e gioco di ruolo.
Il suo sogno è continuare e coltivare le sue passioni nell’ambito della ricerca scientifica e della sessuologia.
Adora sperimentare e sviluppare le potenzialità del corpo e della mente, non come entità distaccate, ma come un unicum calato all’interno di un mondo intriso di stimoli ed interazioni con altri individui.
Elettra ci spiega che durante il laboratorio, dopo una prima introduzione teorica al tema delle emozioni umane, arriverà la fase pratica dove proveremo a dare una definizione, a fare un debriefing sui vari termini, destrutturando quelli che sono i luoghi comuni più diffusi e soprattutto cercheremo non solo di capirne le sfaccettature, ma persino di calarci in un role play divertente che ci metterà alla prova attraverso l’improvvisazione teatrale, sfidando ogni timidezza.
Ok, sono già un po’ agitata.
La prima domanda che Elettra, con estrema leggerezza, ci pone è: cosa sono per te le emozioni?
Non ti dirò cosa ho risposto quel giorno scrivendolo su quel bigliettino anonimo, ma ti chiederò di porti tu stess* questa domanda e vedere cosa ne esce fuori.
Dai un risposta breve, di massimo una riga, senza pensarci troppo, e vediamo istintivamente cosa significa per te questo termine.
Dopo la lettura dei bigliettini anonimi, in cui si notano una serie di sfumature e risposte tanto diverse tra loro quanto giuste, si avvicina il momento più temuto: il role play (gioco di ruolo).
Non so quanto tu che stai leggendo sia a tuo agio con il teatro, la recitazione o l’improvvisazione teatrale; a me è una cosa che ha sempre attirato moltissimo ma non ho mai fatto davvero in vita mia.
Quindi, un po’ la amo e un po’ la temo.
Non ho vie di mezzo (come quasi sempre nella mia vita) e in questi casi, o mi lascio andare o mi inibisco.
Elettra ci divide a gruppi di 5, esattamente come il numero delle emozioni umane presenti nel film della Pixar: gioia, tristezza, rabbia, paura e disgusto.
Ad ogni gruppo viene consegnata una situazione scritta dove è presente la storia di un personaggio che deve fare una scelta specifica in un determinato momento della sua vita.
Le situazioni descritte sono tutte legate all’ambito affettivo/relazione e/o sessuale.
Al mio gruppo capita la storia di un ragazzo poco più che ventenne che fa fatica ad accettare la sua bisessualità.
Da una boccia di vetro peschiamo ognuno l’emozione che di lì a poco avremmo dovuto interpretare.
Fa che non sia la rabbia, fa che non sia la rabbia, fa che non sia la rabbia… rabbia. E che cazz…
Me la sono cercata dirai… non lo so, ma dato che mi piacciono tanto le sfide, in fondo sono stata felice di aver pescato (a mio avviso) una delle emozioni più difficili ed impegnative da interpretare.
La rabbia è forte, esplosiva, urlata… arrabbiata appunto.
Ce la farò a sembrare arrabbiata davanti ad un gruppo di perfetti sconosciuti senza che le parole mi si strozzino in gola? Non sarebbe stato molto più facile dovermi crogiolare nel mood della tristezza o saltellare qua e là in preda a spasmi di gioia?
Mannaggiame.
Ok, ci riuniamo come gruppo e iniziamo insieme a dibattere su che tipo di emozioni stava provando il protagonista della nostra storia.
Quello che ci viene chiesto di fare, è poi di metterci al centro della stanza tutti e 5 insieme e dibattere tra emozioni, come fossimo tutti nella testa del nostro personaggio e dovessimo ragionare in collaborazione per decidere come agire nella realtà.
Ciò che Elettra ci fa notare, è che anche se pensiamo che non sia così perché in alcuni momenti sentiamo determinate emozioni preponderanti rispetto ad altre, in realtà l’essere umano non prova mai una singola emozione alla volta.
Anzi, le emozioni si susseguono e sovrappongono sempre una dietro l’altra durante l’intero arco della nostra vita.
Beh Tei, ma una volta salita sul “palco” sei stata orgogliosa della tua “performance”, come ti sei sentita?
Alla fine ho capito che per me interpretare la rabbia significava dire un sacco di parolacce (quindi via libera al dirty/trash talking ahahah), essere cinica, dissacrante e provocatoria.
Eh si, come puoi immaginare alla fine mi è riuscito decisamente bene.
Ho trovato la mia personale dimensione di rabbia ed è stato divertente e liberatorio.
Comunque fidati, non vuoi davvero vedermi incazzata nella realtà…
Una cosa che abbiamo notato una volta finite le rappresentazioni di tutti i gruppi, è che non ce ne è stata una dove la rabbia non fosse produttiva e positiva.
Nessun* di noi ha scelto di rappresentare la rabbia come un’emozione distruttiva, ma anzi il contrario.
Spesso, in ogni gruppo, la rabbia si spalleggiava con la gioia, ed entrambe le emozioni spronavano e pilotavano le altre verso la decisione più giusta da prendere in quel momento.
Non esistono a mio avviso emozioni negative a prescindere, tutto dipende sempre da come le si gestisce e dall’uso che se ne fa.
Ma la rabbia, la paura, la tristezza sono tutte emozioni belle, e soprattutto giuste e “normali” tanto quanto la gioia.
La parte forse più costruttiva di tutto il laboratorio di Elettra è stata quella finale, in cui abbiamo analizzato le nostre rappresentazioni e ci siamo chiest* individualmente quale fosse il nostro personale metodo di riequilibrio delle emozioni quando ci capita di vivere momenti emotivamente intensi in senso negativo.
Io, ad esempio, mi sono resa conto di essere una persona molto pratica, che quando ha uno squilibrio emotivo forte tende a voler “lasciare” la mente per sentire un po’ di più il corpo.
Cioè, in che senso Tei?
Nel senso che più sto male emotivamente, più ho bisogno di fare cose a livello fisico.
Una delle mie attività preferite per riequilibrare le emozioni, ad esempio, è l’esercizio fisico piuttosto estremo e magari se posso in mezzo alla natura.