Avevo forse 22 anni e tra del sesso occasionale e dell’altro sesso occasionale, mi capitava anche, ogni tanto, di volermi fermare con qualcuno un po’ di più del solito.
S. Era un ragazzo salentino di 2 anni più di me, che viveva a Bologna, e studiava alla facoltà di scienze informatiche.
Che dire di S., se volessi fare una sorta di identikit lo descriverei così: moro, carnagione chiara, labbra carnose, segno zodiacale gemelli, enigmatico, sfuggente, timido e socievole allo stesso tempo, fissato con poche cose in particolare, ma che per lui erano quasi dei dogmi.
Le cose con cui era fissato erano in ordine sparso: Milla Jovovich, Muhammad Ali, Neffa, il film Million Dollar Baby, la Kick Boxing, le ragazze cazzute e mascoline ma con i capelli lunghi e scuri.
Indovinate per chi mi lasciò? Per una bionda, occhi azzurri, dolce, romantica e accudente ragazza molto femminile, per nulla amante dello sport e che conosceva solo i film che avresti trovato a noleggio da Blockbuster.
Ok, ma facciamo un luuuungo passo indietro.
Quando ho conosciuto S. Non è stato amore a prima vista, stavo frequentando altri due ragazzi che d’ora in avanti chiameremo “cuore infranto n1” e “cuore infranto n2”.
Lui frequentava casa mia perché era amico con alcune delle mie coinquiline e forse ho capito dopo, piaceva anche ad una di queste, ma non saprò mai la verità suppongo… e questa è un’altra lunghissima storia di amicizie femminili infrante che vi racconterò, magari un giorno.
Cosa avevo io delle caratteristiche che S. Cercava in una ragazza? Tipo tutto. Incarnavo in pieno il suo stereotipo perfetto.
Conoscevo ogni film (anche i più di nicchia) che lui citava per fare l’intellettuale, ero “cazzuta”, caratterialmente molto mascolina, capelli lunghi e scuri, praticavo kick boxing da diversi anni, ero disinibita, libera… una ragazza capace di farti sentire importante, pur lasciandoti tantissimo spazio e libertà, lo facevo ridere e mi facevo mediamente desiderare quanto basta e quanto piaceva a lui.
Ero completamente me stessa con lui? No, non sempre.
Ero ancora in una fase della vita in cui credevo fortemente di dove affascinare chiunque incontrassi. Ogni persona di sesso maschile che mi interessava minimamente me la studiavo nei dettagli e poi facevo di tutto per trasformarmi (in parte) in ciò che questa persona cercava in una donna.
Orribile? Si, abbastanza.
Sia per me che alla fine non riuscivo bene a capire chi ero, che per l’altro che si innamorava di un’idea, di una Tei che si lasciava idealizzare dagli uomini e poi si lamentava con se stessa del fatto che “certo che quando sono in una relazione poi mi stufo subito, forse non sono fatta per le relazioni a lungo termine e nemmeno per la monogamia”.
Grazie al Ca… Tei!
Comunque cara Tei, sappi che oggi che ti sei finalmente spogliata da tutti quegli orpelli e vivi la tua vita senza fingere di essere un’altra, sei molto meno confusa, ma soprattutto sai per certo che la persona al tuo fianco non ti ha mai idealizzata, e questo è davvero impagabile.
Torniamo a S., sono stata io la prima ad ingannarlo trasformandomi nella donna che desiderava? Si, un po’, ma in ogni caso tra poco capirai perché la vittima alla fine sono io e non lui.
Dopo un paio di settimane che ci frequentavamo, S. Decise di obbligarmi a scegliere tra lui, “cuore infranto n1” e “cuore infranto n2”.
Non riusciva ad accettare che io e lui non avessimo una relazione esclusiva, pur non volendo definire ciò che eravamo… amici? Scopamici? Fidanzati? Frequentanti? Boh… non ho mai fatto in tempo a capirlo.
Che fissa comunque sta cosa dell’esclusività. Io lo trovo un concetto sopravvalutato.
Di sicuro lui non sarebbe mai stato un tipo da relazione poliamorosa.
Sentendomi braccata dalla sua imposizione, alla fine ho scelto. Ho scelto lui.
Ho scelto male? E’ molto probabile, anche perché quando qualcuno ci pone davanti ad una scelta che non vogliamo fare, scegliamo sempre male per via della pressione che ci viene fatta.
Passati un paio di mesi da allora, arriva agosto e Bologna si svuota, io torno dai miei nelle Marche e lui dalla sua famiglia in Salento.
Inaspettatamente mi invita a casa dei suoi per la settimana di ferragosto.
Sono lusingata e davvero felice dell’invito.
Cioè, mi invita a casa dei suoi??! Ma allora è proprio vero, mi ama, non può fare a meno di me!!
Faccio la valigia scegliendo accuratamente ogni vestito e ogni accessorio che pensavo sarebbe piaciuto ad S. Il suo giudizio contava davvero tanto per me, troppo.
Non l’avevi ancora capito?
Passiamo una settimana da sogno, parole dolci da parte sua… parlava sempre al plurale e spesso faceva progetti sul nostro futuro insieme una volta tornati a Bologna.
La notte di ferragosto la passammo in tenda insieme ad un gruppo di suoi amici sui Laghi Alimini.
Il giorno dopo ci salutammo abbracciandoci stretti, quasi piangendo alla stazione di Lecce.
Ci saremmo visti un paio di settimane dopo in città.
Da quel giorno, non ho mai più sentito ne visto S.
Devi sapere che non esisteva ancora wazzup, lo so, per chi è più giovane di me sembra un mondo assurdo quello precedente alle spunte blu.
Esisteva praticamente solo Facebook, ma S. Tra l’altro non era poi molto avvezzo all’uso dei social.
Di punto in bianco ha iniziato a non rispondere più ai miei sms.
All’epoca sono arrivata a pensare che gli fosse successo qualcosa, prima ho pensato ad un semplice guasto del cellulare, poi a qualcosa di più grave.
Non volevo essere una persona assillante quale non ero, per cui ho cercato di mantenere la calma.
I miei sms non ricevevamo comunque risposta.
Ho iniziato a chiedergli se avevo fatto qualcosa di male, poi se per caso c’era qualcun’altra nella sua vita, se stava bene, se era vivo, se gli mancavo (evidentemente no Tei).
Dopo giorni e giorni di totale agonia e disperazione in cui mi svegliavo in piena notte per controllare il cellulare, mi sono decisa a contattare un suo amico su Facebook, con cui mentre ero in Salento ero entrata un po’ in confidenza.
Dopo un po’ di insistenza da parte mia per avere notizie, lui alla fine, forse perché gli facevo tenerezza, mi scrisse un messaggio breve e lapidario:
“S. È vivo, ma ora sta con E.”.
Quel giorno mi cascò il mondo addosso. Quante lacrime avevo versato per lui? Quante volte mi ero interrogata su cosa gli passasse per la testa? Su dove fosse??
La mia disperazione si tramutò di colpo in rabbia e frustrazione.
Quando qualcuno mette fine ad una relazione contro il tuo volere è orribile, ma quando qualcuno lo fa senza che nemmeno tu lo sappia e sparisce nel nulla più assoluto è come vivere un lutto.
Non c’è possibilità di confronto.
Puoi parlare solo con te stess*.
Ti si strozzano le lacrime in gola, sapendo che non avrai mai delle vere motivazioni, nemmeno quelle che si danno un po’ per cortesia tipo “non sei tu, sono io”.
S. Si era innamorato di una ragazza che forse era davvero se stessa e non si mostrava ai suoi occhi come lui la desiderava, ma solo come lei era realmente.
All’epoca incolpavo molto me stessa per questa cosa, non riconoscendo quasi le sue enormi colpe.
Non sapevo nemmeno cosa fosse il ghosting, eppure ne ero vittima.
Essere vittima di ghosting è un po’ come se mentre stai visitando un paese straniero insieme ad un amico che possiede la mappa, ad un certo punto lui svanisce nel nulla e tu ti ritrovi completamente sola, all’estero, senza un soldo, senza una mappa e senza una motivazione del perché sei lì.
Sembra esagerato e offensivo per chi ha davvero subito un lutto, ma subire ghosting è davvero come perdere una persona cara da un giorno all’altro senza un motivo.
Non solo si chiude una “storia” (già di per sé evento stressante) ma questo succede senza aver alcuna possibilità di controllo e co-gestione. Così, pure in base all’importanza della relazione, può diventare una sorta di lutto difficile da elaborare perché non si è potuto vedere “il corpo del defunto”: manca un pezzo.
Questo pezzo mancante è il chiarimento, il confronto, la motivazione: che per quanto difficili e dolorosi da vedere restano una base sicura, qualcosa che si è affrontato insieme. Un punto da cui poi ripartire.
Quando manca, tutto il processo di elaborazione e costruzione di significato deve essere fatto da soli; restano i dubbi, le domande senza risposta che si arrotolano su se stesse, la frustrazione che cresce, l’incredulità e l’impotenza, la disistima di sè e quindi possono comparire la rabbia prima e magari dopo una fase depressiva; il dolore è più forte perché senza forma, senza riferimenti.
Ma perché le persone fanno ghosting?
Paura del conflitto, vigliaccheria estrema, timore di affrontare se stessi e gli altri in situazioni emotivamente complesse.
Provare a contattare il “ghost” per chiedere un confronto, un chiarimento è legittimo, ma bisogna già sapere che, molto probabilmente, la domanda cadrà nel vuoto.
Come uscire dal tunnel del ghosting
Se incontriamo qualcuno o qualcosa è perché quell’esperienza ci è in qualche modo utile.
Porta con sé un dono: si tratta quindi di focalizzarsi sull’individuare l’insegnamento; comprendere qual è la parte di noi che è stata toccata, messa a nudo perché possiamo prendercene cura, il talento che possiamo sviluppare e che quella storia, quella fine, hanno messo così in evidenza.
Bisogna lavorarci un po’ su. La risposta, in genere non è per niente immediata.
Mi sarei risparmiata questa esperienza così dolorosa? Assolutamente si.
Ma chi sarei oggi?
Forse sarei ancora una donna che si plasma in base agli occhi di chi la sta guardando.