É passato un po’ di tempo dal mio ultimo sex report, ma non preoccuparti, non ho smesso di girovagare tra eventi, locali e situazioni che orbitano attorno alla sessualità insolita, kinky, BDSM, sex positive, libera e libertina ( …aggiungi qui un aggettivo a tuo piacimento).
Cos’è il festival NoTaboo – corpi in libertà?
Te l’ho già spiegato nei dettagli nell’articolo No Taboo Corpi in libertà – un evento che profuma di e(ri)voluzione, quindi non mi ripeterò.
Eh, eh, non mi stai attent*.
L’unica cosa che voglio aggiungere su questo festival meraviglioso, ideato dalla vivace mente creativa di Max Ulivieri, è che non riesco a farmene una ragione del fatto che un evento del genere non venga replicato ogni mese in una città diversa, all’interno di un vero e proprio tour che attraversa tutta la nostra penisola (e non solo).
Finita questa premessa a tratti inutile, ma necessaria allo stesso tempo, è arrivato il momento di iniziare questo sex report dove ti racconterò cosa sono andata a fare all’evento in questione.
Quest’anno Max Ulivieri si è nuovamente fidato di me, della mia follia e anche un po’ delle mie competenze, lasciandomi addirittura due ore di spazio durante il pomeriggio di domenica (25 maggio 2025), per condurre il mio workshop dal titolo “Piacere di conoscer(mi)ti”.
É stata per me una vera gioia poter guidare un gruppo formato da una quarantina di persone, in un viaggio alla scoperta del sé sessuale e dell’energia desiderante che ogni persona possiede, attraverso strumenti quali la focalizzazione sensoriale erotica, l’embodiment, la scrittura di scoperta e il respiro.
Ogni singolo workshop sul benessere sessuale che organizzo, mi lascia sempre addosso infinite energie ed emozioni diverse. Assorbo tutto dalle persone che incontro, proprio come una spugna. Nel bene e nel “male”.
Tanto è che durante i viaggi di ritorno in treno, mi sento sempre così piena (e a volte anche un po’ frastornata), che non riesco a leggere, né ascoltare musica (men che meno podcast) o stare sui social, ma mi “limito” ad osservare dal finestrino i paesaggi pianeggianti della costa adriatica, che si susseguono uno dopo l’altro, sempre uguali a loro stessi e sempre diversi.
Si lo so, è da quando hai letto il titolo di questo articolo (che sembra un po’ materiale da clickbaiting), che stai aspettando che io arrivi al dunque. Ora ci arrivo, non fare l’impaziente, l’erotismo ha bisogno del giusto tempo di cottura.
Un paio di mesi prima del festival di Bologna, Max ha messo online il programma e, quando mi sono trovata a scegliere quale laboratorio frequentare sabato pomeriggio tra quello di Vittoria Hell e quello di Daphne Rara (che non conoscevo), ho scelto il secondo.
Non certo per mancanza di stima e fiducia rispetto a Vittoria (mi sarebbe piaciuto sdoppiarmi e vivere entrambe le esperienze), ma perché quando la vita mi presenta la possibilità di provare qualcosa di assolutamente nuovo e insolito, io di solito mi ci butto di testa.
E, quale esperienza più insolita ti viene in mente se non quella di massaggiarti la vulva in una stanza insieme ad una dozzina di donne sconosciute che fanno lo stesso?

In realtà questa attività ha un nome preciso, ed è più corretto parlare di auto massaggio Yoni (come la chiamano nel mondo del Tantra).
(“Lingam” è invece il corrispettivo di quello che nel nostro paese si chiama pene.)
Ora non ti farò un pippone su questa tematica, soprattutto perché ritengo di non sapere abbastanza e perché là fuori è pieno di professionist* molto più preparat* di me a riguardo.
Ad esempio, se ti interessa approfondire il tema del Tantra, ti consiglio di contattare la mia collega Anna Bernardi.
Il laboratorio di due ore di auto massaggio Yoni proposto da Daphne Rara, self love coach e sensual arts facilitator, si presentava così:
“Un laboratorio esperienziale per esplorare e riconnetterti con il tuo spazio sacro.
Attraverso Yoni Gazing (osservazione consapevole), una guida anatomica e un auto massaggio di gruppo, scoprirai un nuovo modo di ascoltare il tuo corpo, senza aspettative.
Non è una pratica masturbatoria, ma un viaggio di scoperta, consapevolezza e amore per sé. Un momento di intimità con te stessa, per sciogliere tensioni e rafforzare il legame con la tua energia vitale.”
E questo era il regolamento per partecipare all’auto massaggio Yoni:
“Per garantire un’esperienza intima e sicura, ti invitiamo a seguire queste linee guida.
Sono ammesse massimo 20 persone.
Cosa portare – un olio naturale per il massaggio. Un tappetino, cuscini o qualsiasi supporto che ti faccia stare comoda. Uno specchio per l’osservazione consapevole. Abiti ampi e morbidi in cui ti senti a tuo agio. Un oggetto per l’altare che rappresenti la tua crescita, il tuo cammino e l’intenzione che vuoi portare in questo rituale.
Spazio sacro e sicuro – nessuno sarà a guardare ciò che fai. Questo è un viaggio personale, e il gruppo è lì solo come testimone energetico del tuo processo. Solo chi partecipa attivamente al laboratorio può essere presente nello spazio.
Questo non è un momento di esposizione, ma di connessione con te stessa, nel rispetto di ogni emozione che emerga.
Un’esperienza per te – entra con apertura e rispetto per il tuo corpo e per il processo di tutte. È un tempo dedicato al tuo ascolto interiore, senza aspettative, con amore e presenza.”
Ecco, le premesse per interessarmi c’erano tutte.
Il fatto che mi piaccia buttarmi di testa in qualsiasi esperienza però, non significa che io non provi ansia, timore o non abbia dubbi.
Sono entrata nella sala dedicata al laboratorio in punta di piedi (letteralmente), e ho trovato il mio angolo, dopo che Daphne ci aveva consigliato di disporci ai margini della stanza, così da poter appoggiare le schiene al muro durante l’auto massaggio Yoni.
Inizialmente mi sono tolta il top, tenendo addosso ancora i jeans. In realtà l’ho sfilato solo perché era bianco e non volevo macchiarlo con l’olio da massaggio.
Cosa dici? Vuoi sapere che genere di oggetto per l’altare ho scelto da portare con me che rappresentasse la mia crescita?

Ho deciso di mettere in valigia una banalissima candela bianca dell’Ikea, si proprio una Glimma, il classico cerino che paghi 4,95 euro e te ne ritrovi cento (che non si sa mai, ma possono sempre servire).
Ironia a parte, la mia scelta aveva un senso e per me quel cerino (che poi è stato acceso), rappresentava il mio spirito battagliero e il mio entusiasmo che spero non si spengano mai.
Ecco, voleva essere una sorta di augurio per me stessa.
Non so perché ho indossato i jeans quel giorno e non un vestito ampio o una gonna, che mi avrebbero permesso di mantenere il mio corpo un po’ più a riparo da eventuali sguardi indiscreti durante l’esplorazione, o forse lo so. Probabilmente, in maniera inconscia, avevo la voglia e il desiderio di sfidarmi, mettendomi davvero “a nudo”.
E così è stato, attraversando però diverse fasi e rimbalzando anche tra più di un pensiero intrusivo e l’altro.
Il gruppo era pronto, la musica di sottofondo pure, il profumo del palo santo aveva già riempito l’intera stanza. Ecco, ho pensato, ora mi tolgo anche i pantaloni e, si dai, via anche gli slip.
Mentre mi spogliavo non l’ho fatto esattamente con leggerezza.
Ho frequentato ambienti nudisti e naturisti, play party kinky dove era concessa la nudità, ma erano occasioni diverse da questa, per cui la mia testa in quel momento fatidico in cui sono rimasta davvero nuda, non è riuscita a “decodificare” la situazione, facendomi piombare fin dal primo momento in un pozzo di overthinking.
Mi sono resa conto di associare la mia nudità a due cose principalmente: il sesso o le visite mediche.
Sesso o medico, sesso o medico… di che si tratta oggi?
Il non riuscire ad avere una risposta lineare in testa mi ha provocato un senso di disagio, ma di un livello comunque accettabile.
Il fatto che le mie compagne di avventura, donne di varie età e corporature, stessero affrontando il viaggio con me, mi ha resa subito più serena.
Avranno anche loro un po’ di rimostranze rispetto al togliersi le mutande qui davanti a tutte, no?
E comunque non trovi incredibile il fatto che il nostro corpo nudo possa, a livello simbolico, comunicarci solo due situazioni? Piacere e malattia.
Due facce della stessa medaglia? In alcuni casi si.
La mia mente continuava a mandarmi pensieri dissonnanti, chiedendosi insistentemente se forse avremmo dovuto fare sesso con qualcun*, lì dentro quella stanza.
Devo per caso mandare ai miei genitali dei segnali di eccitazione? Dobbiamo lubrificarci?
Mmmm, forse no.
In ogni caso Daphne, nel frattempo, ci ha accolte con fare esperto, si è cambiata davanti a noi sfilandosi l’intimo e coprendo poi il suo corpo nudo con un morbido caftano colorato. E ci ha anche spiegato che, se qualcuna di noi avesse provato piacere durante la pratica, non sarebbe assolutamente stato un problema.
Io non so se ce la faccio.
(I miei pensieri intrusivi mi hanno subito messa sulla difensiva, accompagnandomi verso una dinamica di performance).
Ma poi è arrivata la parte accogliente di me rassicurandomi: guarda Tei che ha detto solo che se accade è ok, non che bisogna fare a gara a chi riesce a venire.
A questo punto abbiamo chiuso gli occhi.
Per fortuna, così magari mi si spegne anche un po’ il cervello.
Abbiamo cominciato massaggiandoci e accarezzandoci le zone del corpo che Daphne ci indicava, con lentezza e cura, con il solo obiettivo di riconnetterci con le nostre sensazioni corporee.
Si ma quando arriviamo alla fi…?
(Tei, sei la solita impaziente.)
Alla fine ci arriviamo e comincia il vero e proprio auto massaggio Yoni.
Daphne ci ricorda che possiamo aiutarci con l’olio che ognuna di noi ha portato e ci da il consenso entusiasta per essere osservata da noi, in modo da capire bene i movimenti da eseguire.
L’insegnante si muove sicura e a proprio agio, è seduta con la schiena appoggiata al muro dietro di lei, le gambe aperte e rilassate, le ginocchia lievemente piegate.
Mi appare come una bambina priva di qualsiasi pregiudizio, mentre esplora i suoi genitali con naturalezza, concedendosi il pieno diritto di farlo.
Si perché, io stessa, che ho sempre creduto di avere un buon rapporto con la mia sessualità e i miei genitali, forse non mi sono mai data un vero e proprio permesso di farne ciò che volevo, a partire dalla depilazione totale anche quando non ho assolutamente voglia di farlo.
Ho pensato che, anche per partecipare a questo laboratorio, ho sentito “l’obbligo” di depilarmi le parti intime e ancora mi racconto che lo faccio perché mi piaccio di più così, ma quanto di questo “mi piaccio così” è un condizionamento e quanto è “farina del mio sacco” (o sarebbe meglio dire qualcosa come nettare della mia vulva)?
Ho sbirciato, lo ammetto, ho sbirciato. Non solo la vulva dell’insegnante, che aveva apertamente acconsentito ad essere guardata, ma anche (brevemente) quella delle mie compagne di viaggio.
In realtà, ciò che mi interessava osservare non erano i dettagli o le forme dei genitali delle altre (che ce l’abbiamo tutte diversa lo so già da un po’), ma il modo che avrebbero usato per approcciarvisi.
E ti assicuro che ognuna si poneva in maniera estremamente diversa con la propria vulva.
Non ti racconterò altro in questo senso, perché altrimenti sfocerei nel gossip, e sono qui per raccontarti la mia esperienza, non per spettegolare su quella altrui facendo supposizioni senza fondamento.
Lo so, questo articolo sta diventando lunghissimo, ma scommetto che se sei arrivat* fin qui ti sta interessando.
Ora non starò a raccontarti ogni minimo movimento o tecnica che ho imparato e messo in atto durante il laboratorio di auto massaggio Yoni, ma voglio condividere con te quali e quante fasi ho attraversato durante le due ore.
Si, hai letto bene, siamo state per ben due ore a massaggiarci la vulva.
Dimmi se non è mistica un’esperienza del genere?
Apro e chiudo una breve parentesi a riguardo, la sera stessa dopo il workshop ho condiviso qualche pensiero sparso con le persone che fanno parte del mio gruppo Telegram e devo dire che alcuni commenti di uomini mi hanno fatta pensare.
C’era chi si chiedeva come fosse possibile toccarsi i genitali così a lungo senza poi in automatico desiderare di masturbarsi e chi non riusciva a comprendere il nesso tra un’esplorazione di questo genere e la nascita di sentimenti di tristezza e angoscia che possono anche sfociare nel pianto.
Si, spoiler, ad un certo punto ho pure pianto. Proprio io che odio piangere in pubblico.
Dopo esserci soffermate sulla parte esterna della nostra vulva, esplorandola, accarezzandola, dedicandole una vera e propria lettera d’amore, siamo passate all’auto massaggio Yoni interno.
Ed è lì che i miei condotti lacrimali hanno deciso di ricordarmi che esistono anche loro.
Quasi ogni volta che mi masturbo mi tocco internamente, ma lo faccio al solito modo, stimolando più o meno le stesse zone.
Invece questa volta è stato come scovare dei veri e propri interruttori che, una volta accesi, mi hanno rievocato immagini dolorose, tra cui il mio parto (di ormai dieci anni fa) per niente rispettato e positivo e infarcito di violenza ostetrica, gli abusi e le molestie subite durante la mia vita, tutte le volte che avrei voluto dire di no e invece non ce l’ho fatta.
Mi sono chiesta scusa e mi sono promessa che farò di tutto perché tutto questo non accada più.
Le domande che mi porto a casa dopo aver partecipato a questo laboratorio sono due.
Non ho intenzione di trovare loro una vera e propria risposta, però voglio condividerle con te:
Quante volte in vita mia mi sono sentita obbligata a fare sesso solo perché “ormai” ero già nuda?
E quante volte all’interno di un ambiente medico, il/la professionista in questione non ha avuto nessuna cura di me come persona, trattandomi come un organo da ispezionare o, peggio, una patologia da curare?
E tu, parteciperesti ad un’esperienza di questo tipo? (Se hai un pene) La faresti se fosse per persone con il pene?
Ps ho scritto questo articolo standomene nuda nel mio giardino a godermi il sole, per provare a ritrovare parte delle sensazioni sperimentate al laboratorio…